Celleno, il “Borgo Fantasma” della Teverina laziale
5 Gennaio 2022La Teverina viterbese è un suggestivo paesaggio dell’Alto Lazio, a due passi dall’Umbria, mosso da vallate in parte percorse da particolari formazioni geologiche note come calanchi e punteggiato da antichi borghi e castelli arroccati su friabili rupi tufacee, soggette a erosione e instabilità.
Il più celebre è Civita di Bagnoregio, patria di San Bonaventura, candidato a patrimonio dell’umanità UNESCO. E diventato, soprattutto negli ultimi anni, meta turistica internazionale. Ma ce ne sono altri, che condividono caratteristiche simili. Come Celleno, distante da Bagnoregio una quindicina di chilometri e altrettanti lo separano dal capoluogo di provincia, Viterbo.
Popolato oggi da circa 1300 abitanti, è un piccolo centro conosciuto per la coltivazione delle ciliegie e il cui stemma civico è piuttosto singolare: un’arpia. Affacciato sulla valle del Tevere, sponda laziale, Celleno conserva un centro storico a lungo disabitato e abbandonato. Soltanto di recente è stato parzialmente interessato da progetti di recupero per renderlo accessibile e per animarlo dal punto di vista culturale. La particolare storia di questo paese ha ispirato l’attuale claim turistico locale “Celleno Borgo Fantasma“.
Foto in alto: Stefano Valeri / Shutterstock.com
Celleno: la storia di un luogo particolare
Come accennato, questo territorio da secoli deve fare i conti con problemi di natura idrogeologica e sismica, che ne hanno favorito lo spopolamento. Nel 1951 le condizioni dell’antica Celleno erano talmente precarie che, con tanto di decreto del presidente della Repubblica, fu disposto il definitivo trasferimento coatto dei residenti nel paese nuovo. Quest’ultimo, che era già sorto dagli anni ’30, è tuttora un esempio poco conosciuto di urbanistica razionalista.
Invece la parte vecchia, le cui origini risalgono al medioevo ma in cui sono presenti testimonianze etrusche, rimase abbandonata fino a oggi. Gli edifici sono in parte diroccati, mentre altri non esistono più: alcuni crollati, altri demoliti per ragioni di sicurezza. L’unico accesso, come a Civita di Bagnoregio, è un ponte, anche se di dimensioni ridotte rispetto all’altro. Sulla piazza centrale, dominata dal campanile della diruta chiesa di San Donato, si affaccia il Castello Orsini. Un edificio che fu abitazione di Enrico Castellani, uno dei maggiori artisti del ‘900, e infatti si presenta in veste recuperata.
Nonostante i parziali interventi, il “Borgo Fantasma” di Celleno è in attesa di un progetto di recupero complessivo. Le idee già avviate mirano a renderlo il punto di riferimento di un turismo “lento”. Inoltre, può fungere da base per escursioni nel territorio circostante, ricco di peculiarità storiche poco conosciute e di spettacoli naturali quali la cascata dell’Infernaccio.
Una tesi di laurea su Celleno
Negli ultimi anni, complice anche il boom turistico di Civita di Bagnoregio, Celleno sta attirando sempre più attenzioni. Non mancano, infatti, iniziative quali studi storici, archeologici e architettonici ad esso dedicati. Uno di questi è la tesi di laurea di Stefano Moscini, dottore magistrale in architettura all’Università di Firenze. Si è laureato con una tesi sulla rigenerazione di Celleno, che ha ottenuto dignità di pubblicazione quale caso di approccio esemplare a un tema di stretta attualità: il recupero dei borghi abbandonati.
Spiega Moscini: “Per quasi un anno ho portato avanti un lavoro di analisi tipologica del tessuto urbano e degli edifici presenti in questa piccola realtà, abbandonata ormai dai primi anni del ‘900. L’intero processo di analisi e di progettazione ha previsto l’ausilio esclusivo del disegno a mano. Ciò ha permesso un’attenta comprensione delle dinamiche compositive in questo luogo, garantendo una conoscenza esaustiva del monumento. Il disegno è stato quindi, non solo strumento di conoscenza, ma anche essenziale metodo di restituzione che ha portato alla creazione di un lavoro originale e inedito basato sull’attenta analisi tipologica di una struttura urbana minore“.
Il progetto, partendo da un’attenta analisi architettonica, vuole ricostruire parte dell’antica Celleno seguendo le regole fondamentali, scritte e non, che caratterizzano l’insediamento di promontorio, attraverso la lettura delle tracce lasciate dalle rovine. La ricerca di un nesso coerente tra il vecchio e il nuovo porta il progetto verso la conclusione dell’incompiuto. L’idea di Moscini prevede tre diverse condizioni funzionali-progettuali: le case a torre sul pendio, con gli ambienti di servizio a “sfruttare” l’aspra orografia e le residenze per studenti ai piani superiori; ancora, aule didattiche ed espositive come (ri)completamento di edifici preesistenti; infine, consolidamento e conservazione allo status quo della chiesa di San Donato. “Recuperare, mantenere, progettare – conclude – Sono queste le operazioni attraverso le quali il monumento, testimone del tempo e del susseguirsi degli eventi, ritorna alla quotidianità e diviene funzionale alla comunità“.