“Nba e vino bianco”, un racconto di Mauro Evangelisti

5 Giugno 2016

Agnese abbraccia la madre ed è come avvicinarsi al fuoco quando fa freddo. «Ti chiamo dopo», lei come al solito risponde «stai attenta, c’è brutta gente in giro». È così fin da quando era bambina, anche ora che non vive più con lei è immutata la necessità di sentirsi protetta.

Però da qualche anno la protezione è reciproca. Ormai Agnese ha smesso di chiederle di trasferirsi da lei, nell’attico comprato grazie al successo della prima fiction. E proprio per quella popolarità è escluso che possa continuare a vivere nel quartiere della madre. Così va a trovarla ogni volta che può e quando se ne va si ferma sempre a salutare Luke, il ragazzo di colore che la madre ha visto crescere, coccolato quando tutti gli altri inquilini lo evitavano. «Scusa se ti rompo, ma quando puoi controlli che a mia madre non succeda nulla? Si ostina a vivere da sola». Luke sorride, le offre una birra che Agnese rifiuta: «Lo sai, vado spesso da lei, a volte mangio con lei. Ma ti dico la verità: non ha bisogno di nessuno, è forte, stai tranquilla».

Lo saluta con uno schiaffetto sulla guancia, come faceva quando era bambino, e scende le scale. Si dirige alla sua Smart, indossando un berretto e gli occhiali da sole, per non essere riconosciuta. Vede steso sul marciapiede un ragazzo, si tiene lo stomaco, si lamenta. Non è vestito male, ha pantaloni color cachi e una camicia celeste, ma di sicuro sarà un tossico. Fa per allontanarsi, ma sente la sua voce: «Signorina, la prego, chiami il 118». «Ma che hai?». «Non so, ho perso le forze. Non capisco nulla».

Agnese recupera il telefonino dalla borsa e chiama l’ambulanza. Il ragazzo sta perdendo conoscenza, Agnese d’istinto gli stringe la mano. E pensa a quanto tempo è passato da quando ha stretto la mano per l’ultima volta a un ragazzo. Può fare sesso con gli uomini più desiderati della tv, con quelli che incontra alle feste, ma a trent’anni è come se avesse perduto la capacità di provare tenerezza per qualcuno, salvo che per sua madre, certo. O forse non l’ha mai avuta. Quando nelle interviste le chiedono se è innamorata, risponde che lo è stata in passato, ma è una storia finita male, di cui non intende parlare. I fan sospirano, vorrebbero saperne di più. Ma è una balla, non c’è nessun grande amore finito male. Semplicemente non s’innamora.

E sua madre non chiede più quando si sposerà. Per fortuna arriva l’ambulanza, sollevano il ragazzo, «lei chi è?», lui si gira e la fissa anche se non riesce a parlare, non si sente di lasciarlo solo. «Un’amica» mente. Un mese dopo è tutto cambiato. Manuel, il ragazzo, sta meglio, aveva mangiato del pesce mal conservato. In pronto soccorso il medico l’aveva riconosciuta, costretta a scattarsi una foto insieme, ma le aveva giurato che non avrebbe detto nulla ai giornali. Alla sera Agnese aveva riaccompagnato a casa Manuel, ancora debole, ed era salita da lui. «Ma non hai nessuno?» gli aveva chiesto. «No, i miei sono morti. Non ho fratelli, non ho fidanzate. Al mio funerale non verrebbe nessuno, penso». «Esagerato. Avrai degli amici?». «No, dopo quella brutta storia dell’arresto per violenza sessuale, tutti mi evitano». Gelo. Agnese si era resa conto solo allora che era nell’appartamento di uno sconosciuto. Lui aveva riso: «Ma scherzo, ti pare? È proprio vero che voi donne non avete senso dell’umorismo». «Che scemo».

Non aveva saputo perché, ma le era piaciuto prendersi cura di lui. In tv trasmettevano una partita dei playoff Nba e avevano scoperto di condividere la stessa passione. Da quel giorno registrano le partite e s’incontrano per vederle insieme, ordinando la pizza al telefono. Manuel è solo come lei, lavora al reparto computer e telefoni di una catena di elettronica. Una notte, dopo gara 7 Golden State-Cleveland, l’unica partita che hanno visto in diretta, bevono vino bianco e Agnese a bruciapelo gli chiede: «Scusa, ma come mai non ci provi con me? Almeno allunga una mano». «Agnese, non te la prendere, tu sei simpatica, ma fisicamente, insomma, hai il culo un po’ grosso…». Agnese un po’ si offende, ma fa finta di nulla. «Dai, pulisco io il tavolo» dice, per cambiare discorso. Poi, dopo qualche minuto di silenzio: «Comunque un po’ hai ragione, devo tornare in palestra». «Ma Agnese, cacchio, abbocchi a tutti gli scherzi? Su internet sei stata votata come una delle quattro attrici più belle di Italia… Io ho la pancia e sono due centimetri più basso di te… E poi anche se tu impazzissi o ti ubriacassi e accettassi di scopare con me, sarebbe una catastrofe: tu avrai fatto sesso con gli uomini più prestanti ed esperti d’Italia, io invece con una come te dopo tre minuti verrei… Certo, sarebbero i tre minuti più belli della mia vita». Ovviamente quella sera tra Agnese e Manuel ci sono baci e sesso. E ovviamente Manuel non si trattiene e viene quasi subito. Ovviamente ad Agnese non interessa, le piace abbracciarlo.

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