“Baldo Balducci”, un racconto di Mauro Evangelisti

10 Maggio 2016

Il treno parte con dieci minuti di ritardo. Nervosismo. Vicino a me, una ragazza ascolta musica hip hop. Ha le cuffiette, ma il volume è alto e la posso udire. Nervosismo.

Il controllore mi chiede la lettera del codice del biglietto, gli dico P come Piacenza e lui mi risponde «è sicuro? Non risulta la lettera B». Nervosismo. «Le ho detto P come Piacenza, cazzo». Lui si scusa. Attorno il gelo, la mia reazione non mi ha reso popolare. Mi rifugio nello smartphone, su Twitter quasi tutti parlano del rischio di guerra imminente. Poi vedo un tweet: «In treno, un maleducato snob cita Piacenza per la lettera P e si arrabbia se il controllore non comprende». Lo ha inviato Baldo Balducci, regista di qualche buon film comico.

Mi guardo intorno: due file di sedili più in là c’è la sua testa prodiga di ricci bianchi. Scrive ancora: «Il tizio nervoso appassionato di Piacenza si è calmato, si è reso conto della figura di merda». D’istinto mi viene di alzarmi e picchiarlo, poi penso che un paio di suoi film mi sono piaciuti. La ragazzina – noto solo ora che ha i capelli verdi – ha spento la musica e guarda sullo smartphone un sito di news. Rompe il silenzio: «Ma secondo lei ci sarà la guerra?». Sorrido: «No, si sistemerà tutto».

Il treno entra in una galleria e, come se ci mettessimo d’accordo, io, la ragazzina dai capelli verdi e, da quello che vedo prima di chiudere gli occhi, anche Baldo Balducci, proviamo a dormire. Non entra più la luce del sole a disturbarci. Lascio spazio ai pensieri, a Sara che se ne è andata, ma fino a sei mesi fa volevamo un figlio; a mia madre che ripeterà «lo vedi, sei un fallito come tuo padre»; a Baldo Balducci: saranno cinque anni che non fa un film. «Ma di solito non finisce prima questa galleria?» mi sussurra capelli verdi. Ha un’età indefinita tra i 15 e i 25 anni. Io vorrei dirle che devo dormire, ma rischio di diventare protagonista di un nuovo tweet di Baldo Balducci e la rassicuro: «No, è normale».

Ripenso al controllore, meno di trent’anni, magari laureato, che sperava di raggiungere chissà quale traguardo e ora combatte tra le P di Piacenza e le B di Bologna; se si lamenta, gli diranno che deve sentirsi fortunato perché ha un lavoro. Forse però è più felice di me, quando finisce di lavorare trascorre ore spensierate con la ragazza, non come me che passo il tempo a scorrere sul telefonino le foto di Sara. Riapro gli occhi. Ancora galleria. Dovremmo esserne usciti già da tempo.

La ragazzina si è addormentata, ma vedo Baldo Balducci agitarsi. «Saranno 20 minuti che siamo in galleria, cosa succede?» dice a voce alta. «È strano» gli rispondo. «Andiamo a cercare il controllore» mi propone. Camminiamo insieme, tutti gli altri passeggeri dormono, «ma nessuno si accorge di nulla?» chiedo a Baldo Balducci. «Magari siamo tutti morti – dice – abbiamo avuto un incidente e l’al di là è questo, una galleria che non finisce mai. A me interessa poco, nella vita quello che dovevo fare l’ho fatto».

Arriviamo alla cabina del macchinista, bussiamo, nessuno risponde. Ci raggiunge il controllore. «Cosa volete?». «Ma questa cazzo di galleria quando finisce?» urla Balducci. «Il macchinista è spaventato, mi ha detto che il treno è incontrollabile». «Siamo morti tutti» dico. «Non facciamoci prendere dall’ottimismo» risponde Baldo Balducci. Poi siamo costretti a ripararci gli occhi con le mani, torna la luce, il treno si ferma. Si aprono le porte. La galleria è terminata, ma siamo in un posto sconosciuto, prati verdissimi. Scendiamo, «mo’ arriva San Pietro e son cazzi» dice Baldo Balducci.

Spunta invece la ragazzina dai capelli verdi. Ci guardiamo intorno, spaesati. Si avvicinano due uomini con delle tute blu da meccanico, uno è calvo, l’altro ha i baffoni. «È successo di nuovo, porca puttana» dice quello con i baffoni. Chiedo: «C’è stato un incidente?». «Ma no – risponde il pelato – lo fa, lo fa… Sarebbe troppo lunga da spiegare, cercherò di farla facile, intanto tra un po’ dimenticherete tutto. Nella galleria c’è una imperfezione, un passaggio. Ogni tanto ‘sti cosi dell’alta velocità saltano da una dimensione all’altra». «E che cazzo significa?» si incazza Baldo Balducci, che, guardando lo smartphone, aggiunge: «E poi che compagnia telefonica sarebbe questa Albatel apparsa sul display?» «Santa pazienza – replica il tizio con i baffoni – siete in un’altra dimensione, differente dalla vostra. È come se i protagonisti di un telefilm finissero in un altro. Lo fa, lo fa. Ora sistemiamo tutto, tra un poco vi ritroverete ad uscire dalla galleria, come se nulla fosse, penserete di aver sognato: nei sogni capita questo, si captano le immagini di altre realtà». «Ma sapete cosa c’è dopo la morte?» chiede capelli verdi. Ridono. «Signorina, noi siamo meccanici, magari sapevamo cosa c’è dopo la morte». Dopo poco il treno esce dalla galleria, Baldo Balducci sul suo sedile russa, io penso a Sara, chissà se anche nell’altra dimensione mi ha lasciato.

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