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La Macchina di Santa Rosa: meraviglia e tradizione a Viterbo

13 Settembre 2024

In Italia, ogni città celebra il proprio santo patrono con processioni e feste suggestive. Tuttavia, a Viterbo, il 3 settembre, questa tradizione assume un valore unico e straordinario. Qui la celebrazione è segnata da una spettacolare tradizione: la Macchina di Santa Rosa, una torre luminosa alta 30 metri, portata a spalla.  Questo straordinario evento religioso e popolare si distingue come una delle più imponenti e affascinanti processioni devozionali del Paese. Il tutto in una città ricca di arte e storia, quasi “nascosta” tra Roma, l’Umbria e la Toscana.

L’energia di Viterbo cresce già negli ultimi giorni di agosto, quando le strade tornano a riempirsi di persone e iniziative. Dal 2013, questa manifestazione è entrata a far parte della lista dei patrimoni immateriali dell’umanità UNESCO, assieme a feste simili che coinvolgono altre maestose “macchine a spalla”, come i Gigli di Nola, i Candelieri di Sassari e la Varia di Palmi. Queste celebrazioni sono legate dalla rete GRAMAS.

Come il Palio di Siena rappresenta una delle più rinomate rievocazioni medievali italiane, la Macchina di Santa Rosa rappresenta la più imponente tra le processioni in onore di un santo patrono. Ogni alcuni anni viene progettata una nuova Macchina, scelta tramite un concorso promosso dal Comune, in collaborazione con il Sodalizio dei Facchini di Santa Rosa. Il 2024 ha segnato il debutto di un nuovo modello di Macchina di Santa Rosa: Dies Natalis, ideato dall’architetto Raffaele Ascenzi, già autore del precedente (2015-2023), di nome Gloria.

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Macchina di Santa Rosa

Cos’è la Macchina di Santa Rosa?

Questa straordinaria tradizione viterbese non è una gara o una competizione. Non ci sono vincitori, se non l’intera città. Forse è per questo che, pur essendo uno spettacolo grandioso, le principali reti televisive l’hanno spesso ignorato. In tv, infatti, non si riesce a catturare appieno la bellezza e la maestosità dell’evento, che si può comprendere al meglio solo partecipandovi dal vivo.

Ma cos’è esattamente questa Macchina? Si tratta di una torre alta circa 30 metri, decorata con luci e fiaccole, che pesa ben cinque tonnellate. È realizzata in materiali leggeri come vetroresina e metallo. Il 3 settembre, alle ore 21, circa 100 uomini detti Facchini di Santa Rosa la sollevano e la trasportano per oltre un chilometro attraverso le vie storiche di Viterbo, fermandosi in sei punti lungo il tragitto. Durante il passaggio, l’illuminazione della città viene spenta, creando un effetto scenografico unico.

Santa Rosa: le origini della Macchina e il culto

Il trasporto della Macchina rievoca la traslazione del corpo di Santa Rosa, ritrovato incorrotto sette anni dopo la sua morte e spostato nel santuario che oggi porta il suo nome. Questo evento risale al 4 settembre 1258, per volontà di Papa Alessandro IV. Da allora la processione si è ripetuta ogni anno, portando l’immagine della santa su un baldacchino che, nel corso dei secoli, ha assunto dimensioni sempre maggiori. Il 4 settembre è giorno festivo nel territorio comunale di Viterbo.

Santa Rosa, vissuta nel XIII secolo durante le tensioni tra papato e impero, non è una figura molto conosciuta al di fuori di Viterbo, addirittura confusa spesso con Santa Rosalia di Palermo, la cui ricorrenza ricade nello stesso giorno. Tuttavia, il suo culto è diffuso anche in America latina, dove due città, una in Brasile e l’altra in Colombia, portano il suo nome. In Messico, a Santiago de Querétaro, le è stato dedicato un importante santuario, anch’esso patrimonio UNESCO. Negli Stati Uniti esiste la Viterbo University nel Wisconsin, che omaggia la santa con una statua nel campus.

Il 3 settembre a Viterbo: il giorno della Macchina

Il 3 settembre di ogni anno Viterbo si trasforma. Le strade si riempiono di residenti e turisti, bancarelle di dolci e frutta secca e palloncini colorati. L’atmosfera è quella di una festa di popolo, con gente che si rivede solo in questa occasione. Nel pomeriggio, i Facchini visitano sette chiese della città prima di ritirarsi per qualche ora nel bosco di un convento, in preparazione del trasporto. Nel frattempo in centro, lungo il percorso della Macchina, tra sbandieratori e bande musicali, la folla cresce, alimentando l’attesa.

Al calare del sole, i Facchini, preceduti dalla banda, si avviano verso il punto di partenza. Il momento della “mossa” è cruciale, poiché qui inizia l’impresa vera e propria. Dopo la benedizione del vescovo, i Facchini si posizionano sotto la Macchina e, seguendo le indicazioni del capofacchino, si preparano a trasportare la torre lungo il percorso. I ruoli dei Facchini sono distribuiti con precisione, con compiti specifici in base alla posizione. All’interno della base ci sono i “ciuffi”, che indossano un particolare copricapo protettivo, e i “spallette” e “stanghette”, che occupano le file esterne.

Dopo due ore di sforzo fisico e spirituale, arriva il momento più arduo: l’ultima salita che porta al Santuario di Santa Rosa. I Facchini, aiutati da corde anteriori e leve posteriori, procedono a passo di corsa per superare la notevole pendenza, mostrando un’immensa forza fisica e di volontà. Una volta posata la Macchina sui cavalletti di sostegno, l’emozione esplode tra i Facchini e la folla. La Macchina rimane esposta per alcuni giorni, mentre i fedeli si recano in massa a rendere omaggio all’urna che conserva il Sacro Corpo di Santa Rosa.

Francesco Mecucci

 

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