C’è un’altra “Civita di Bagnoregio” nella Tuscia e si chiama Celleno
27 Novembre 2017C’è un’altra “Civita di Bagnoregio” nella Tuscia e si chiama Celleno. Tanto affascinante quanto sconosciuta. Qui non ci sono cinesi e giapponesi in coda, ticket d’ingresso e bus turistici, ma a dominare è soltanto lo struggente silenzio di un passato lontano.
Eppure, nonostante le dimensioni più contenute, questo posto rivaleggia in bellezza con la vicina superstar del turismo viterbese. Mentre Civita di Bagnoregio è acclamata come la prima località della Tuscia che è riuscita finalmente a creare un vero e incessante flusso turistico, Celleno invece giace come tacita e appartata custode di un paesaggio di straordinaria suggestione, che presenta nette analogie con quello bagnorese e in generale con l’area della Teverina.
Un borgo che sorge su uno sperone tufaceo, soggetto a erosione e instabilità; una valle ondulata, scossa dai terremoti dei secoli passati; un campanile a mo’ di grosso chiodo che sembra tener ferme le altre case; un ponte come unico accesso: a prima vista, tutto questo non ricorda Civita di Bagnoregio?
Celleno “vecchio” e “nuovo”
Celleno, che oggi è un comune di circa 1300 abitanti ed è noto soprattutto per la coltivazione di ciliegie (una frequentata sagra lo anima nella prima metà di giugno) e il cui simbolo è una curiosa Arpia, si trova sulla strada provinciale Teverina, esattamente a metà tra la frenesia di Viterbo e il viavai turistico della patria di San Bonaventura, e un cartello lo annuncia come “borgo fantasma”.
La parte moderna è nettamente separata dal cosiddetto “Celleno vecchio” e ha l’aspetto di un paese piuttosto anonimo e sonnolento, con vie silenziose ed edifici bassi. Ne parleremo tra poco. Ma basta superarlo e seguire le indicazioni per il centro storico ed ecco che, come d’incanto, la strada si apre sul magnifico paesaggio della valle del Tevere, sponda laziale e sponda umbra, solcato da forre ricoperte di scura vegetazione e punteggiato di borghi e castelli. Celleno, uno di questi, è quanto di più inaspettato e fuori dal tempo in cui un visitatore a caccia di luoghi della mente possa imbattersi.
Celleno e l’abbandono
A causa dell’instabilità dovuta a fattori sismici e idrogeologici, Celleno “vecchio” è stato abbandonato nel 1951, con tanto di trasferimento coatto degli abitanti nel paese nuovo, la cui costruzione iniziò a metà degli anni ’30 per mano del Genio Civile su ordine del ministro Luigi Razza. Celleno “nuovo” – il cui primo nucleo fu dedicato proprio a Luigi Razza, scomparso nel 1936 in un incidente aereo – fu poi completato negli anni ’50 e costituisce tuttora un esempio, seppur poco noto, di urbanistica razionalista.
Il borgo antico, invece, le cui origini risalgono al medioevo, rimase abbandonato e disabitato fino ai tempi odierni: tuttora i suoi edifici sono in gran parte in condizioni di rudere e i suoi vicoli invasi dalla vegetazione. Dal ponte di accesso, che inizia da quella che è nota come piazza del Mercato, si accede tramite l’arco di Porta Vecchia nell’allora piazza del Comune, e oltre non si va, perché il resto del borgo è quasi interamente inaccessibile.
Sulla piazza, dominata dal campanile della chiesa di San Donato, si affacciano le rovine della stessa, il Castello Orsini (recentemente recuperato e divenuto l’abitazione dell’artista Enrico Castellani) dotato di fossato, la chiesetta seicentesca di San Carlo e un altro edificio anch’esso recuperato. Per uscire dal borgo, si può scendere da quello che un tempo era il fossato del castello, per ritrovarsi quindi sulla piazza del Mercato e risalire verso Celleno nuovo fiancheggiando l’antico Convento di San Giovanni Battista e la Via Crucis lungo la strada.
Un futuro per Celleno?
Nonostante questi parziali interventi, il borgo di Celleno è in attesa di un progetto di recupero complessivo che possa costituire davvero un’alternativa a Civita di Bagnoregio, situata ad appena quindici chilometri di distanza. Magari offrendo la possibilità di un turismo “lento” e fungendo inoltre come base per escursioni nell’incredibile e sconosciuto territorio circostante, di origine vulcanica, ricco di spettacoli naturali quali la cascata dell’Infernaccio.
Ma anche se tutto ciò non dovesse accadere in tempi brevi, varrà sempre la pena recarsi a Celleno, fermarsi ad ammirare il paesaggio con l’inconfondibile profilo del “borgo fantasma” dominare sulle vallate circostanti, dipinte dei caldi colori dell’autunno o della primavera in fiore, salire sulla piazzetta deserta e ascoltare il silenzio di secoli lontani.
Francesco Mecucci