Lidia Bachis e la sua arte tra donne, riviste e anni ’70
20 Dicembre 2023Lidia Bachis è un’artista romana che nasce negli anni ’70 e cresce in una città caotica in pieno cambiamento. Frequenta il liceo artistico e poi l’Istituto Poligrafico della Zecca di Stato, inizia così a lavorare e frequentare l’ambiente artistico della capitale.
Arrivano le prime mostre: Il Pasto Nudo e la Geisha Metropolitana. Poi, oltre alla pittura pulita e figurativa, inizia a lavorare con gli oggetti e a realizzare video. Il tema costante in tutta la sua ricerca è la donna. Dipinge poetesse, scrittrici, modelle, artiste, ma anche donne che con fatica hanno cercato di affermare la propria identità. Lidia Bachis è un’artista colta, adora le biografie ed è in continua fame di conoscenza. Le vite, le storie ma anche le favole sono le sue fonti primarie di energia.
La figura umana, e spesso quella femminile, è sempre in primo piano, fondendo una rappresentazione realistica a una idealizzante, focalizzandosi su atteggiamenti e cercando di sempre di raccontare la sua visione del contemporaneo.
L’ultimo progetto artistico di Lidia Bachis si chiama My Home. Nasce da una serie di riviste che potremmo ormai definire vintage. I colori e le forme, l’arredamento e quelle immagini tipiche dell’età del consumo, come Il divano modello Simona o La casa del gentiluomo italiano. Il collage, che già aveva usato in alcuni sui lavori, è la tecnica che ha deciso di usare, raggiungendo una nuova consapevolezza di volerlo sperimentare anche nelle grandi dimensioni.
In occasione della presentazione del quaderno d’artista My Home pubblicato da Cervo Volante, Lidia Bachis ha esposto questi lavori a Villa Lais di Sipicciano, in provincia di Viterbo, territorio dove risiede da diversi anni. Nella suggestiva residenza di Maddalena Mauri e Marco Scopigno, la Bachis ha trovato un giusto luogo e una perfetta sinergia con la padrona di casa con la quale condivide idee e la passione per l’arte. Per questo le chiedo di approfondire con alcune domande su questo suo ultimo lavoro.
Lidia Bachis, come è nata l’idea di My Home?
Tutto nasce da vecchie riviste d’arredamento che mi sono state regalate da una mia cara amica architetto, Giovanna Scappucci. Per un po’ le ho dimenticate nel mio garage complice un’estate caldissima, poi le ho portate in studio, la mia grotta, la stanza tutta per me. Ho iniziato a sfogliarle è da subito ho capito che potevo usarle per il mio lavoro. Pagine grandi, colorate e ricche di fascino, la carta pesante e poi il viaggio a ritroso in un Italia che si faceva bella, dando il meglio di sé in diversi campi, energie, idee, materiali nuovi, “La casa del gentiluomo italiano”. Fu questa scritta pubblicitaria a far scattare in me il primo abbozzo di quelli che poi sono diventati i 26 collage e il libro d’artista My Home, edito da Cervo Volante.
Gli anni ’70 sono probabilmente il decennio più famoso dell’arte moderna. La rivoluzione sociale e il cambiamento culturale sono il risultato degli sforzi di molte menti creative e il design è stato utilizzato per trasformare il modo in cui le persone vivevano, lavoravano e giocavano. Guardando con più attenzione ho iniziato a leggere i nomi dati agli oggetti pubblicizzati, divano Simona, cucine Rossana, poltrona Selene, piastrelle Teodora e ancora Luna, Carlotta, Floria ecc. Tutti nomi di donne, “nella casa del gentiluomo italiano”.
Le riviste, gli anni ’70 e la narrazione delle donne: cosa rappresentano per te e il tuo lavoro?
Da sempre lavoro con la carta, il disegno, il copia e incolla: sono un archivista. Colleziono riviste, giornali, ritagli, stampe. Da quando internet è entrato nel quotidiano, cerco immagini come Paperone cercava l’oro nel Klondike. La prima personale in cui ho presentato solo lavori su carta, Crimescene, risale al 2004 a La Spezia. Tappezzai le pareti della galleria (da cielo a terra) di ritagli, fotocopie, lucidi, tutto ciò che viene prima del quadro, il pensiero, diluito ed esposto.
Negli anni ’70 ero appena nata, ricordo il grembiule bianco e il fiocco azzurro, le scarpe correttive e i cartoni animati Candy Candy, Heidi, L’ape Maia. Ho imparato a disegnare guardando i cartoni, li ricopiavo direttamente dallo schermo della tv, pomeriggi interi a disegnare. Ricordo che un giorno ero a scuola, la maestra interruppe la lezione, per dirci che era accaduta una cosa grave. A casa i miei genitori erano incollati alla televisione, il tempo era sospeso: avevano rapito Aldo Moro. Furono anni che segnarono sicuramente una svolta del paese, ma anche anni bui, difficili, gli anni di piombo e di sequestri. Queste cose le ricordo bene, perché nella mia famiglia l’ora del telegiornale era un rito sacro, tutti seduti ad ascoltare in religioso silenzio. Un’abitudine che ho ancora oggi: la prima azione del mattino mentre faccio colazione è vedere la rassegna stampa.
Gli anni ’70 non sono però solo buio, ma anche conquiste, il divorzio, il diritto all’aborto. Le donne stavano portando avanti un percorso già in essere di liberazione, complice anche la rivoluzione industriale, gli elettrodomestici, l’ampliamento dei mezzi pubblici, la scuola, la riforma del diritto di famiglia. Se penso alle donne di quegli anni, vedo mia madre, le mie zie, le loro amiche, la maestra, le donne che avevo intorno, le ricordo giovani, giovanissime, felici, sempre truccate, ben vestite, ricordo foulard tra i capelli, borse in tinta con le scarpe, lo smalto e il suo odore. Donne sempre con un bambino in braccio o in carrozzina, piene di slancio, studiose o lavoratrici. Credo fossero felici. Ho capito crescendo, che quelle stesse donne indipendenti e forti, stavano lottando per conquistare le nostre libertà.
Lavoro da sempre sul femminile e i suoi archetipi: prima furono le “geishe metropolitane” le mie prime eroine, tatuate e armate, come membri della Yakuza, in seguito iniziai a ritrarre tutte le donne da cui avevo imparato qualcosa. Scrittrici, poetesse, artiste, filosofe, antropologhe, un universo al femminile.
Tra i lavori di My Home c’è una donna con la scritta “Pensati sola“, evidente richiamo al “Pensati libera” di Chiara Ferragni nell’abito Dior realizzato per Sanremo 2023, tratta da un’opera di Claire Fontaine. Una frase poi rivendicata dallo street artist Cicatrici.nere. Qual è qui il tuo messaggio?
“Pensati sola” è la risposta allo slogan della Ferragni. “Pensati libera” è una frase suggestiva e sicuramente di forte impatto, evocativa. È un’esortazione, la creazione di una libertà che sia prima mentale che reale. “Pensati sola“, invece è oggettivamente la condizione in cui riversano tante donne. Trovo che si inneschi una sorta di corto circuito, fra le parole e la reale possibilità di essere libera e come controcanto io ho voluto fare un collage con la scritta “Pensati sola”.
Qui potremmo aprire un dibattito infinito, sulle donne, la libertà e tutte le parole che ne conseguono: femminicidio, patriarcato, uguaglianza, genere, salario minimo, diritto, educazione sentimentale. Sembra un libro di Gustave Flaubert. Io credo invece che le donne siano sole, gli uomini sono soli, i bambini sono soli, tutti in un mare di solitudine. Le donne sono le sole, troppo spesso, a crescere i figli, ad accudire i genitori anziani, a districarsi fra la casa e il lavoro. Sono sole di notte, ma spesso anche di giorno, quando rientrano a casa. Sono sole quando trovano il coraggio di denunciare, ma poi non trovano una protezione reale.
È la tua seconda collaborazione con i quaderni d’artista del Cervo Volante. Cosa pensi di questa collana d’arte ideata e diretta da Tommaso Cascella?
È una grande opportunità, permette a noi artisti di lavorare in modo più diretto, senza sovrastrutture. Se vuoi, anche di giocare. Nella prima pubblicazione che ho realizzato con il Cervo Volante, dal titolo “Roma, l’estetica del male” con prefazione della criminologa Ursula Franco, ho avuto la possibilità di raccontare la mia città di origine attraverso i delitti più noti e più crudeli. Il thriller è un’altra delle mie passioni.
Tommaso Cascella è un artista generoso, ma anche un maestro. Mette il suo amore per l’editoria e tutta la sua esperienza a disposizione degli altri artisti. Quando sposa la nascita di un nuovo quaderno segue il progetto dall’inizio alla fine: dall’idea alla stampa. Questi piccoli libri raccontano un momento, fermano il tempo. Sono grata di far parte della famiglia del Cervo Volante, come sono stata felice di presentare My Home a Villa Lais, a casa di un’artista come Maddalena Mauri che stimo molto.
Serena Achilli
Per saperne di più su Lidia Bachis, questo è il suo sito ufficiale.