Marte (Gaza), un’opera d’arte nel cuore di Viterbo
4 Gennaio 2018Dall’estate 2015, a pochi metri dal quartiere di San Pellegrino, uno dei più caratteristici di Viterbo, c’è un’opera d’arte contemporanea. Si tratta di Marte (Gaza), un’installazione pittorica site specific realizzata dall’artista romano Mauro Magni in occasione di un evento svoltosi nell’agosto di quell’anno, Corpus 1462.
Marte (Gaza) è un invito alla riflessione interiore, come unica via per il cambiamento contro il caos imperante generato dai conflitti della società contemporanea. Marte, il dio della guerra, è simboleggiato da una torre di Babele in macerie, perché distrutta dai conflitti senza fine, bellici e non solo, dell’uomo. L’opera si sviluppa su due facciate tra Piazza San Carluccio e Via Pietra del Pesce, all’angolo di un palazzo apparentemente senza valore di cui finisce per esaltarne l’architettura, instaurando un dialogo con la struttura urbanistica della città, tipico di questo genere di interventi.
Marte (Gaza): cosa significa
Marte (Gaza) è percorsa dal testo di una preghiera corale. Si tratta della terza e ultima parte delle intenzioni di pace invocate l’8 giugno 2014 nei Giardini Vaticani da Papa Francesco, dal presidente israeliano Shimon Peres, da quello palestinese Abu Mazen e dal patriarca Bartolomeo I. L’intento: far cessare l’eterno conflitto in Medioriente attraverso un gemellaggio di religioni. Questa parte della preghiera è recitata in arabo dagli islamici.
Tuttavia il lato oscuro del sacro e il conflitto tra bene e male emergono in tutta la loro veemenza. Le parole sono sfumate, come se fossero state cancellate da una lavagna, mentre rimane netta l’invocazione O DIO che si ripete spesso e, compattandosi progressivamente, diventa ODIO. Svanite le buone intenzioni, resta quindi soltanto l’odio, insieme allo scheletro inquietante di una torre devastata, metafora di un’umanità proiettata verso l’autodistruzione.
Marte (Gaza) dà valore a un muro che altrimenti sarebbe rimasto anonimo. Porta un po’ di novità in una città che spesso non va a braccetto con i cambiamenti. Anche se si trova nel cuore antico (lo stesso edificio interessato dall’intervento ha comunque una sua storia), è importante riuscire a coniugare, laddove possibile, il passato con il presente. Il tema, inoltre, è a dir poco fondamentale di questi tempi: il dialogo tra le religioni, per scongiurare l’avanzata dell’odio e la reciproca distruzione.
Il centro storico di Viterbo ha bisogno di essere riempito di contenuti attuali e di qualità. Molte zone della città sono del tutto anonime, o peggio ancora, adornate da monumenti di nessun valore. A parte la Fontanasfera di Claudio Capotondi al Murialdo (a lungo in abbandono) e Il risveglio di Seward Johnson a Valle Faul, la città non ha altre opere contemporanee di impatto che, al pari di un attento e accurato recupero delle sue parti monumentali antiche, le darebbero un senso più moderno e una maggiore identità.
Francesco Mecucci