Oberdan si lamentava: intervista a Francesco Berni
19 Luglio 2021Nella profonda provincia italiana, tra battute triviali e resistenza contro i potenti, un giovane oste cerca in ogni modo di difendere e salvare la sua attività. Lui è Oberdan e Oberdan si lamentava è il romanzo d’esordio di Francesco Berni, autore nato a Viterbo nel 1986, che nella vita si occupa di comunicazione, mass media, digitale e politiche per la formazione e il lavoro.
Scaturito dall’esperienza dell’omonima pagina Facebook di meme e micro racconti, Oberdan si lamentava (Edizioni Dialoghi) è una sorta di satira sociologica che ritrae il dramma di un’intera generazione. Quella dei nati negli anni ’80 (e anche successivamente), cresciuta secondo ideali e speranze che la realtà del precariato e dell’essere giocoforza impreditori di se stessi, ha brutalmente smentito.
Nel romanzo, attraverso le vicende del borbottante Oberdan, Berni esprime gli affanni e le angosce di un oste di provincia, i rimpianti, il passato che ritorna, i cerchi che si chiudono e tutta la meschinità e la gentilezza che possono albergare nell’animo di un precario trentenne, contaminato da invettive contro assessori corrotti e politicanti di turno, riflessioni amare, visioni filosofiche del mondo e vicende sentimentali.
“Oberdan rappresenta il maschio decaduto della provincia profonda, ben educato, lavoratore – spiega Berni – ma che a un certo punto scopre che il suo sistema di valori non serve più a nulla. Un modus cogendi e vivendi che lo rende un ferrovecchio già in giovane età. A quel punto decide di seguire la corrente e si ristruttura. Prova a diventare cattivo, a essere uno squalo, così come la sfrenata competizione sociale lo obbliga. Ma pure questo ‘auto-violentarsi’ sembra non bastare“.
Francesco, fin dal prologo del tuo romanzo emerge il forte divario generazionale tra il protagonista, oste poco più che trentenne, e persone come ad esempio suo padre, cresciute in un mondo completamente diverso. Di cosa si lamenta Oberdan?
Il contrasto generazionale è diverso da quello solito che si può immaginare. Oberdan imputa al padre di non averlo educato alla guerra, di avergli fatto credere che il mondo fosse trasparente e senza conflitti. Che bastasse rimanere nella dimensione del sogno per vivere una realtà degna di essere vissuta. Oberdan si lamenta delle “smusate” prese da un’intera generazione, i nati negli anni ’80, ma volendo anche quelli dopo.
Oberdan è un personaggio complesso, insoddisfatto, culturalmente profondo. Difende la sua creatura, l’Osteria La Bionda, ma non gli piace essere considerato “imprenditore di se stesso”. Anzi, se potesse, vorrebbe il posto fisso, come nella Prima Repubblica. Ma un giovane di oggi può rimpiangere un’epoca in cui era solo bambino?
Un giovane di oggi dovrebbe rimpiangere l’epoca delle garanzie, della piena e buona occupazione, degli anni in cui nascevano scintille e la società italiana era in continuo divenire. Il giovane di oggi invece, non avendo mai vissuto certe epoche, può soltanto intuire che l’attuale società blocca ogni innovazione sociale, ogni spinta al nuovo. E lo fa, oltretutto paradossalmente, con la retorica giovanilistica di chi puzza di morte e vede i giovani come riflesso dei propri sogni mai del tutto realizzati. Un giovane di oggi dovrebbe in primis rendersi conto che nell’attuale clima culturale non si elabora nulla di nuovo, perché sono stati “avvelenati i pozzi”. Nel romanzo viene svelata una realtà che è foriera delle nevrosi sociali di tutti noi nati dagli anni ’80. Una realtà che ci neghiamo e proprio per questo è causa del nostro male. Non vi dico qual è, altrimenti faccio spoiler.
L’ambientazione della storia è una cittadina di provincia del centro Italia. Una provincia profonda, popolata da una “fauna” quasi grottesca. Un posto in cui tutti conoscono tutti. Qual è la tua opinione su una realtà di questo tipo, comune a molti luoghi del nostro Paese?
È una cittadina di provincia in generale, anche se ricorda molto le atmosfere dell’Italia centrale. I lettori, da Vercelli alla Sicilia, mi dicono che sembra si stia parlando della loro città, per cui la ritengo un’ambientazione nazional-popolare. Quel che ho cercato di esprimere è semplice: se vuoi parlare dell’Italia, devi parlare della sua provincia profonda. Attenzione: non è una narrazione della provincia all’americana, in cui al di là di una patina di perfezione vengono man mano a galla le questioni più oscure. No, qui il degrado e il collasso sono espressi in maniera aperta. Il tessuto sociale non ha più nemmeno il minimo anticorpo dell’ipocrisia o del falso stupore. Qualcuno ha definito il mio romanzo un perfetto esempio di satira sociologica. È vero, era proprio quello il mio obiettivo e son contento che i lettori lo abbiano compreso.
Nelle pagine del libro, le dinamiche quotidiane dell’oste sono illustrate nei dettagli. Insomma, chi vuole gestire un locale, in Oberdan si lamentava trova quasi un vademecum. Presumendo che il tutto nasca da una tua lunga osservazione e interazione con chi fa questo lavoro, che idea ti sei fatto su chi ha il coraggio di aprire un’osteria, un pub, un cocktail bar in provincia?
Non ho mai lavorato nel settore né gestito un locale. Però sono stato un avventore-osservatore così attento ai dettagli della vita di un esercente, che molti lettori mi han chiesto se fosse autobiografico. Parecchi barman mi han fatto i complimenti per il livello di immedesimazione. Sulle persone che aprono o hanno aperto locali, le ritengo figlie del proprio tempo. Hanno avuto un mix di coraggio, strutture sociali di sostegno, capacità relazionali di grande livello, nella cornice di un mondo ancora edonista. Però temo che la pandemia abbia stroncato questo afflato dionisiaco e favorito l’avvento di un mondo “senza ebbrezza”.
Accenniamo un aspetto che inevitabilmente incuriosirà i lettori: Oberdan ha una vita sessuale intensa. Vari personaggi femminili orbitano intorno all’oste, che però di una relazione seria sembra non volerne sapere. Cosa sono per lui le donne?
Oberdan è un individualista, ossessionato da sé e dal sesso. Lo vive in maniera predatoria, come campo di lotta sociale per il dominio non solo di corpi femminili, ma per esprimere il suo status sociale di wannabe vincente. Per questo ha un rapporto amaro con l’eros e malsano con le donne, come se fosse interessato alla sopravvivenza più che al godimento. Eppure il lato femminile è molto importante in tutta la vicenda e rappresenta i disperati tentativi di Oberdan di essere empatico con gli altri, in una società che invece gli impone di essere narcisista.
Il romanzo è nato dalla tua pagina Facebook Oberdan si lamentava. Quando ti è venuta l’idea di trasformarla in un libro? E cosa pensi, in generale, della letteratura che nasce dai social?
L’idea è venuta subito! I micro racconti della pagina (bisogna scorrere molto indietro nelle timeline di Facebook e Instagram per trovarli, ora faccio solo meme e shitposting) servivano proprio per creare un immaginario, farmi immergere nel personaggio, ma la finalità è sempre stata la creazione di un romanzo che avesse vita propria e non fosse semplicemente uno spin-off della pagina. Della letteratura che nasce dai social francamente ho letto solo Simone Tempia e i libri sul suo personaggio Lloyd, e ne penso bene. Anche perché Oberdan nasce dopo una presentazione di Vita con Lloyd alla quale reagii così: “Sai che faccio? Anche io adesso mi invento un personaggio immaginario“.
Stai avendo numerose recensioni: ce n’è una in particolare che ti ha sorpreso?
Mi ha sorpreso, come dicevo prima, che ristoratori e barman mi abbiano lodato per l’elevato grado di immedesimazione in un lavoro che non ho mai svolto. Inoltre, mi ha sorpreso che stia piacendo anche ai ventenni: il target e l’immaginario del libro è quello dei nati negli anni ’80, eppure sta travalicando il confine. E infine mi ha sorpreso che tutti i lettori abbiano colto il senso di profonda satira sociologica.
Ci sarà un sequel? Magari con un Oberdan post pandemia?
Ho scritto le prime quattro pagine. Il sequel poteva già essere nelle corde, visto il finale che è aperto (nessuno spoiler, tranquilli) e che potrebbe dar luogo a sviluppi. Chiaramente è interessante narrare cosa farà Oberdan dopo mesi in cui il suo settore è stato messo KO dal Covid, ma per ora mi vengono in mente solo idee di narrazione forse eccessivamente dure. E che non mi convincono. Ho bisogno ancora di qualche mese di osservazione per comprendere come e quanto abbia inciso la pandemia sul collasso e come gli Oberdan d’Italia potrebbero aver reagito.
Francesco Mecucci