Tra le prime vittime che questo funesto coronavirus Covid-19 ha portato con sé c’è Vittorio Gregotti, nato nel 1927 a Novara, noto e importante architetto e urbanista italiano.
Autore di innumerevoli progetti e altrettanti testi didattici e divulgativi, Gregotti fu professore di architettura a Milano, Venezia e Palermo, nonché direttore della storica rivista Casabella. L’Italia è letteralmente disseminata di sue opere, le più note delle quali sono probabilmente lo Stadio Luigi Ferraris di Genova (1990), il controverso quartiere Zen di Palermo (1969) e i numerosi interventi nel quartiere Bicocca di Milano, tra cui spiccano il teatro degli Arcimboldi (1997) e la sede della Pirelli (1999-2000).
Anche all’estero gli interventi dell’architetto sono stati numerosi, e la sua architettura razionalista, fatta prevalentemente di volumi pieni incastonati tra loro con velate influenze neo-liberty, si innalza a Lisbona nel Centro Culturale di Belem (1988), ma anche in Francia nel Teatro Grande di Aix-en-Provence (1990), e a Barcellona, con lo stadio e il complesso olimpico del Montjuic (1984-86).
Quando sarà possibile tornare a viaggiare in lungo e in largo per il nostro Bel Paese, però, vi suggeriamo di recarvi a Bergamo, città in questi giorni al centro delle cronache, dove Gregotti ha realizzato la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea Accademia Carrara (1987), l’annesso museo (2001) e soprattutto la Chiesa di San Massimiliano Kolbe (2008), in questi giorni tristemente nota per gli spogli funerali delle prime vittime, ma luogo ideale per rappresentare la rinascita e la resistenza della città orobica.