Alzi la mano chi di voi è stato a Barcellona e non ha mai visto la Sagrada Familia. Quasi nessuno, vero?
Chiunque si rechi nel capoluogo catalano, infatti, torna a casa con una foto scattata alla famosa cattedrale, oppure dentro Parc Guell o davanti ad altre suggestive opere di Antoni Gaudì.
Ma se vi dicessero che a Barcellona, alle pendici del Montjuic, c’è un’opera che nella storia dell’architettura acquisisce una valenza anche maggiore rispetto alle mirabolanti opere dello spagnolo?
Trattasi del padiglione tedesco progettato per l’Expo di Barcellona da Ludwig Mies van der Rohe. All’antitesi nello stile rispetto a Gaudì, Mies dimostra come anche nell’architettura razionalista si possano esprimere lampi di genialità e originalità. Quando pensiamo a un’abitazione, siamo da sempre abituati a immaginarla chiusa tra quattro mura, con un interno e un esterno ben definiti.
Nel padiglione di Mies questo non avviene, perché l’architetto tedesco riesce a dar vita – servendosi di soli otto pilastri, due coperture piane e pochi setti murari – a una molteplicità di ambienti liberi e di spazi fluidi. Passeggiando tra i marmi, i vetri e gli specchi d’acqua del piccolo padiglione vi ritroverete di volta in volta in un luogo nuovo e resterete stupiti da tanta modernità. Era il 1929.