Ami il peperoncino e i cibi molto piccanti? Allora sei estroverso e spericolato. Lo afferma una ricerca condotta da Nadia Byrnes, ricercatrice della Pennsylvania State University, che ha rivelato un legame tra specifici tratti della personalità e la propensione a gustare piatti estremamente speziati.
Su un gruppo di 184 partecipanti di età compresa tra 18 e 45 anni, il gruppo dei più coraggiosi ben accetta il peperoncino. Il quale, al contrario, non è per nulla gradito sulla tavola dei nemici del rischio.
Amiamo il peperoncino perché ci piace essere felici
Alla luce di questo studio, noi italiani stiamo diventando sempre più coraggiosi e audaci. Negli ultimi dieci anni il consumo di peperoncino è aumentato del 56%. Ma perché piace così tanto? Perché è la spezia del buon umore. La sensazione di piccantezza, data dalla capsaicina, provoca il rilascio delle endorfine, sostanze antistress che regalano benessere ed euforia.
Ma come si fa a capire se il grado di piccantezza del peperoncino che stiamo per aggiungere al nostro piatto è sostenibile per le nostre papille gustative? Dal 1912 esiste la Scala Scoville, ideata da Wilbur Scoville, che misura la piccantezza di un peperoncino in SHU (Scoville Heat Units). Lo SHU è l’unità di misura che indica per il grado di diluizione di una soluzione di acqua, zucchero e estratto di peperoncino, necessario per non sentire più il bruciore.
I mangiafuoco
Quindi, se il peperone dolce, per nulla piccante, ha una valore di 0 SHU, bisogna avere coraggio per mangiare alcuni peperoncini, noti per essere molto piccanti. Come l’Habanero (300.000 SHU), il Naga Viper (1.382.118 SHU) e il Carolina Reaper, entrato nel Guinness dei Primati con 2.200.000 SHU. In migliaia nel mondo sono ormai gli appassionati “mangiatori” che si cimentano in contest, assaggiando i peperoncini più estremi.
Carmelo Francavilla è uno dei “mangiafuoco” più famosi in Italia. È stato nominato per due anni consecutivi al Festival del Peperoncino di Diamante, in Calabria. “Mangio molto piccante da sempre. Mio nipote mi ha iscritto per scherzo ad una manifestazione e… ho vinto!“, così Carmelo ci racconta l’inizio della sua carriera, che aggiunge: “Mi alleno tutti i giorni, come un qualsiasi sportivo, perché devo poter mangiare fino a 870 grammi di peperoncino, senza bere“.
Peperoncino, m’hai provocato…
Ma non è necessario essere una “bocca di amianto” per apprezzare il peperoncino. Oggi si sta diffondendo una vera e propria cultura gastronomica, che guarda alle diverse varietà e le abbina in base alla piccantezza, al profumo e al gusto. Tuttavia, per lungo tempo il peperoncino, considerato sacro da Maya e Aztechi e arrivato dalle Americhe con Cristoforo Colombo, è stato la “spezia dei poveri”, usata in cucina e in norcineria. Proprio ai contadini del Sud Italia dobbiamo l’invenzione della ‘nduja calabrese.
Solo nel marzo del 1931 il peperoncino debutta su una tavola importante. Avviane nell’Antipasto Intuitivo del primo pranzo futurista di Filippo Tommaso Marinetti, fatto di peperoncini verdi, all’interno dei quali erano stati nascosti biglietti di propaganda.
Per la pubblicazione della ricetta degli spaghetti aglio, olio e peperoncino dobbiamo aspettare il 1983 con il Gentiluomo in cucina di Livio Cerini dei Visconti di Castegnate, mentre “se dovessi consigliare un ‘manuale’, direi la Magna Charta dei piaceri del piccante, scritta dal grande campione ‘mangiafuoco’ Arturo Rencricca e inserita nel libro ‘Very Important Peperoncino’ di Tricarico, Lopez e Spanò” – conclude Carmelo Francavilla – che è una guida al migliore impiego dei peperoncini in cucina”.
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