Due scarpe in due piedi, Alviero Chiorri. Il destro, con lo scarpino invernale, per restare appiccicato al terreno. Sul sinistro, il suo sinistro, la versione estiva, tacchetti di gomma, affinché il suo calcio matto avesse tutta la libertà di esprimersi.
E si esprimeva alla grande, visto che la Sampdoria lo prese da Roma che era ancora pupo, se lo coccolò, lo mandò al Bologna per farsi le ossa (c’era Roberto Mancini, ma c’era anche Marco Macina, il predestinato che non predestinò mai). Ma niente, lui faceva il fenomeno, ma poi gli mancava la capoccia: i capelli matti, i vestiti colorati, la sigaretta, le serate.
Per dire: rinunciò alla Nazionale giovanile perché doveva andare in vacanza con gli amici e da allora ostracismo, che non è un’allergia ai molluschi. Quando la Sampdoria lo cedette per sempre alla Cremonese (per Gianluca Vialli), il presidente Mantovani quasi si commosse, consapevole del fallimento.
Lui continuò ad incantare e a gozzovigliare sotto il Torrazzo. Poi, appese gli scarpini spaiati al chiodo, è fuggito a Cuba. Dove Alviero Chiorri continua a vivere, e a cazzeggiare.
Andrea Arena