Ci voleva ‘sto ragazzo asciutto e tatuato (pittato, come direbbero dalle sue parti), per farci tornare l’amore per la boxe. Agnosco veteris vestigia flammae, diceva quella gran vacca di Didone (personaggio di spicco dell’Eneide, che non è una telenovela).
Ci voleva Andrea Di Luisa per risvegliare la passione per il pugilato in una città dormiente come Viterbo. Asciutto, longilineo, con lo sguardo leggermente da pazzo (nel suo sport aiuta), Andrea ha riportato vecchie emozioni nella città che pure aveva visto nascere un fenomeno in bianco e nero come Giggetto Malè.
E però col passare degli anni, col diminuire dei soldi, col pugilato che finiva rintanato tra le ultime pagine dei giornali e con la tv che lo snobbava, qui si erano perse certe abitudini. Poi è arrivato lui. Andrea è napoletano di nascita, ma vive e lavora a Viterbo da anni. Ha più amici lui, per dire, che un tizio nato a Piascarano. Se li è conquistati, gli amici, mica perché è un campione, ma perché è un bravo fijo, leale, e questa è merce rara in uno sport con tanti squali.
Lui poi ci ha messo sopra le vittorie, i titoli conquistati e anche quelli perduti. Di Luisa ci ha fatto riscoprire l’arte nobile, e anche quel meraviglioso contorno di personaggi equivoci, vecchi appassionati, belle ragazze, che vogliono tutti un posto in prima fila. Per sentire l’adrenalina che pompa dentro, per schivare gli schizzi di sudore che arrivano dal ring. Perché una serata di grande boxe è come la vita: breve, intensa, esaltante o avvilente. Comunque vissuta da protagonista, mica da comparsa.
Andrea Arena