Genio e sregolatezza – Nicola Berti

24 Aprile 2014

Corri Nicola. Corri Nicolino, corri. Campo libero, ciuffo al vento, il ghiaccio intorno e il Trap che fischia peggio della bufera. Quel giorno a Monaco di Baviera ce lo ricordiamo tutti, Nicola Berti, centrocampista dell’Inter. Una scheggia che recuperava, partiva, volava, e poi segnava al Bayern (per la cronaca: prima, aveva già colpito Aldone Serena, e al ritorno l’Inter fu sconfitta dai crucchi ed eliminata dalla Coppa Uefa). Ma quanto correva, Nicolino.

Coi piedi era quello che era, per carità: legnoso, affrettato, impreciso, come quel collega di Lecce, un certo Antonio Conte, sì. Una fotocopia esatta, a livello tattico, solo che Nicolino nostro era  molto più figo: dai capelli leccati, alla lingua velenosa, alle ragazze celebri. Ha vinto parecchio, Nicola Berti: tre Coppe Uefa (cioè: tre), una Supercoppa italiana corretta al maraschino, e soprattutto quello scudetto lì, col Trap versione santone, Zenga deltaplano, Brehme che sfondava, Lothar che comandava.

Un anno unico, il 1989, perché vinse la squadra più forte di tutti, senza scandali, senza polemiche da Processo, e senza imbrogliare. Perché non si può imbrogliare quando si corre verso la porta nemica, campo libero e ciuffo al vento. Scudetto, please: se non corri non vinci.

Andrea Arena

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