La musica s’interruppe. Erano migliaia, sudati e incoscienti dentro la discoteca ricavata in una vecchia fabbrica, dove per molti anni altri giovani erano stati sudati e incoscienti, ma per ragioni differenti, pensò Claudio.
Restarono tutti in silenzio, in attesa, pensando che fosse una idea del dj, poi in molti iniziarono a urlare, a protestare, Claudio vide una ragazza secca come un filo, che mulinava le braccia al cielo e con una lingua che lui non conosceva lanciava maledizioni. Infine, apparvero una decina di poliziotti e fu sufficiente a causare un nuovo silenzio. Da queste parti sono abituati a temere le uniformi, pensò Claudio. Un ragazzo con cui aveva scambiato qualche parola al bar – gli aveva chiesto che tipo di pasticche circolano in Europa – gli spiegò in inglese che il proprietario non aveva più la licenza e quindi la serata era finita, inutile protestare; probabilmente, aggiunse, non aveva dato abbastanza soldi alla polizia.
Trenta minuti dopo Claudio si ritrovò seduto su un marciapiede a fumare una sigaretta, attorno risuonavano i dialoghi incomprensibili dei ragazzi usciti dalla discoteca. Prima di partire aveva pensato che gli avrebbe fatto bene quel viaggio in giro per il mondo, che avrebbe cacciato via il mostro nero che si portava dentro e che sempre più spesso gli bloccava ogni energia, perfino i muscoli del viso quando c’era da sorridere o anche da piangere, che gli concedeva solo le forze sufficienti a restare sul divano a fissare il televisore sintonizzato sui canali sportivi. Aveva spiegato al padre che per sei mesi avrebbe lasciato l’università, che aveva bisogno di conoscere il mondo; lui aveva brontolato, ma gli aveva inviato un bonifico con una cifra che non avrebbe mai osato chiedergli.
Il viaggio in parte aveva funzionato, l’euforia dell’organizzazione del percorso, della ricerca dei voli, della scelta degli hotel, dello studio delle cose da vedere e della vita notturna delle città che avrebbe visitato, aveva anestetizzato il mostro nero. Godzilla, così Claudio lo aveva soprannominato. Poi, però, anche quando le cose andavano bene, succedeva sempre qualcosa, come se Godzilla, dispettoso, si vendicasse. Non era dentro di lui, però dal di fuori si divertiva a dimostrargli che poteva continuare a rovinargli la vita. Anche in quell’angolo del pianeta in cui era finito deviando dal percorso prestabilito, dove era riuscito a trovare una discoteca in cui era l’unico occidentale e proprio per questa diversità si era sentito sereno, lontano dal suo sé stesso sofferente e dunque anche da Godzilla, ecco che lo stop della musica e la polizia. Godzilla gli aveva ricordato chi comanda. Spense la sigaretta, un topo sfrecciò tra i piedi, si guardò intorno e capì che non c’erano taxi. L’hotel si trovava dall’altra parte della città, non l’avrebbe mai ritrovato. Era nei guai. Sentì una mano sulla spalla, la ragazza secca come un filo gli parlava nella lingua incomprensibile. Era un fiume ininterrotto di parole, chissà cosa gli stava dicendo, Claudio la fermò, le chiese «taxi, taxi», lei rise. Godzilla stava esagerando.
Arrivò il ragazzo che parlava inglese, quello interessato al tipo di pasticche che circolano in Europa, gli chiese se voleva andare a mangiare qualcosa con loro, vale a dire con lui e la ragazza secca. Claudio gli rispose che comunque il suo hotel era dall’altra parte della città, che li avrebbe seguiti, ma poi avrebbe dovuto trovare un taxi. «Qui non ne trovi, qui non passano, se vuoi più tardi chiedo a mio cugino se ti accompagna verso la zona dell’hotel con la sua macchina, ma non posso svegliarlo ora». «Allora andiamo a mangiare» allargò le braccia Claudio, che decise di non darla vinta a Godzilla. Camminarono per un chilometro: Claudio, che avrebbe tanto voluto farsi una doccia, il ragazzo e la secca come un filo. Lei continuava a parlare, parlare e parlare a Claudio; lui ovviamente non capiva nulla, gli venne da ridere e si fermò: quel monologo inutile ed entusiasta della ragazza secca in una notte di un quartiere sconosciuto in una città sconosciuta con degli sconosciuti era una delle cose più imprevedibili successe negli ultimi tempi. La secca rise, il ragazzo che parlava inglese si voltò, sorpreso, e disse: «Crazy, crazy».
Trovarono un banchetto sotto una luce tenue, una vecchia che avrà avuto mille anni ma portati bene, una padella dove friggeva un cibo sconosciuto. Sgabelli e tavolini sul bordo della strada. Si sedettero, la vecchia portò delle ciotole. Claudio mangiò, senza chiedere cosa fosse. E fu allora che seduto sul quarto sgabello, insieme alla secca e al ragazzo che parlava inglese, vide Godzilla. Mangiava anche lui, voracemente e con gusto. Claudio capì che non sarebbe mai riuscito ad uccidere Godzilla, ma forse poteva conviverci, dargli un posto, ma continuare a mangiare.