“Where is the love”, un racconto di Mauro Evangelisti

5 Dicembre 2019

Per molti anni Karen pensò che prima o poi sarebbe successo. Prima o poi avrebbe incontrato un ragazzo importante, che l’avrebbe scossa, fatta tremare e desiderare di trascorrere vita intera con lui e tutte quelle stronzate che si sentono nei film, ma di cui parlavano anche le amiche che, una dopo l’altra, si erano sposate (e per la verità alcune avevano anche divorziato).

E invece no, per lei c’erano state solo storie superficiali, che non lasciavano il segno; era stata una bella ragazza e ora era una bella donna; non aveva mai avuto problemi nel trovare qualcuno con cui trascorrere la notte, ma mai si era innamorata. Neppure aveva ben chiaro il significato di quel verbo, innamorarsi. Ma c’era altro che la spaventava perfino di più: quando i genitori erano morti in un incidente stradale, si era accorta di essere angosciata davvero solo per le formalità burocratiche. Il dolore era impalpabile. E quando tutte le pratiche delle utenze da disdire e delle successioni ereditarie si erano esaurite, si era sentita bene. Non era normale. Karen era la prima a saperlo: i suoi erano stati buoni genitori, attenti e amorevoli, avrebbero meritato lacrime e ricordi, e invece tutto era passato in un lampo senza lasciare segni.

Pensò anche di andare da un analista, di parlare con qualcuno del suo problema, ma cosa avrebbe potuto spiegare? Che non provava amore, ma neanche dolore e sofferenza? Era forse quello un problema? Quante persone avrebbero fatto cambio con lei per avere più serenità? Così un giorno decise di avere un figlio. Non si affidò alla medicina, ma al metodo naturale, trovò l’aiuto di un amico a cui propose di fare l’amore senza precauzioni. Stai tranquillo, gli disse, non ti chiederò nulla, l’unica cosa che devi avere chiara è che il figlio che nascerà sarà solo mio. Tu stai facendo semplicemente il donatore. Non è una cosa giusta, disse lui, ma ti aiuterò. Non riuscì a dirle di no perché, dai tempi del liceo, era segretamente innamorato di lei ed era consapevole che se glielo avesse detto, l’avrebbe persa per sempre. E non avrebbe più neppure potuto fare l’amore con lei come gli concedeva ogni tanto, senza capire quanto fosse importante per lui.

Il bambino nacque dopo due anni e vari tentativi. Lo chiamò Javier, ma dal primo momento in cui lo tenne in braccio capì che non era cambiato nulla, che neppure quel bimbo l’aveva cambiata, le aveva fatto provare qualcosa. Non gli avrebbe mai fatto del male, lo avrebbe difeso e avrebbe assicurato il meglio per lui, ma semplicemente perché pensava che fosse giusto. Razionalmente. Non l’amava. Non l’odiava, ma non l’amava.

Vent’anni dopo quel bambino era diventato un uomo ed era divenuto l’esatto contrario della madre. Cresciuto senza reali sentimenti materni, nel gelo, ci si sarebbe aspettati di vedere in lui un ragazzo altrettanto gelido e privo di sentimenti. In realtà era l’opposto. E aveva rinunciato alla possibilità di partire per gli Stati Uniti dove, grazie al suo talento nel basket, una franchigia della Nba gli aveva offerto un importante contratto, pur di stare vicino alla madre a cui era stata diagnosticata una grave malattia incurabile.

Quel giorno nella stanza dell’ospedale c’erano il ragazzo, alto, muscoloso, che si teneva dentro le lacrime, e il padre che dopo molti anni era tornato in città quanto aveva saputo che Karen era gravemente malato. Anche lui, per starle vicino, per stare vicino all’amore della sua vita, aveva rinunciato a una importante opportunità, un contratto in una università in Scandinavia molto vantaggioso. Si trovarono lì, nella stanza dell’ospedale, con lei magra e per la prima volta sorpresa. Pensò che forse avrebbe potuto morire serena, non aveva conosciuto l’amore, continuava a non provarlo, ma altri per lei provavano un sentimento molto forte. Pensava di non meritarlo. In lontananza, sul cellulare di un infermiere, si sentì la suoneria di una canzone di successo, “Where is the love”. Poco dopo entrò un medico, che appariva insolitamente scosso: «Posso parlare liberamente? Signora è successo qualcosa di inatteso e inspiegabile. La malattia è regredita, penso di potere affermare che lei non è più in pericolo. Non mi chieda come possa essere successo, non lo so».

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