Local Noise – Intervista a Spallarossa

5 Dicembre 2016

di Eleonora Anzini

 

Giacomo, già ti abbiamo conosciuto in passato con altri gruppi e ora torni con il tuo progetto solista. Come mai questo cambio di direzione?
La mia ultima esperienza musicale sensata è stata con i Rumori Fuori Scena, ormai diversi anni fa, ma sia in quel periodo sia negli ultimi tempi ho sempre scritto canzoni, nel senso più tradizionale del termine. Il guaio è che non mi sono mai sentito pronto ad espormi. Rimandavo sempre, cancellavo brani, modificavo continuamente gli arrangiamenti, ero un po’ insofferente. Poi ho deciso che era il momento di uscire allo scoperto, ho preso tutto il materiale che avevo e mi sono messo a lavorare seriamente.

Perché Spallarossa?
Mi piacerebbe raccontare una storia avvincente riguardo alla scelta del nome, ma la verità è che Spallarossa è il cognome di una danzatrice con cui ho lavorato un giorno di qualche anno fa, mi è piaciuto il suo cognome e così gliel’ho rubato. Mi ricorda gli indiani d’America.

È uscito da poco il tuo primo ep omonimo, un lavoro quasi intimista, ben arrangiato e prodotto. Ce ne parli?
L’ep è il frutto di un percorso molto travagliato e per niente lineare. Alcune cose che ci sono dentro derivano da bozze vecchie anche di cinque anni, altre parti le ho scritte la notte prima di registrarle. Due mesi prima di entrare in studio ero ancora indeciso se cantare in inglese o in italiano. Il margine di fallimento era molto alto, ma grazie alle persone che hanno collaborato con me, prima fra tutte Marta Venturini, è uscito fuori un lavoro di cui sono molto soddisfatto.

Testi scritti a 4 mani: cosa ci dici del processo creativo che c’è dietro ai brani?
La scrittura dei testi ha visto il coinvolgimento insostituibile di Giada Fuccelli, una bravissima poetessa e artista. Ci siamo rimpallati per diverse volte delle versioni provvisorie dei testi, a cui a turno apportavamo aggiunte o modifiche, fino a quando non eravamo soddisfatti. Poi in fase di registrazione sono stato costretto a intervenire con ulteriori modifiche, che per fortuna le sono piaciute.

E della situazione locale, dal punto di vista del musicista, cosa ne pensi?
​A Terni c’è un sacco di gente che suona ad alti livelli e ci sono anche molti organizzatori e promoter validissimi. Purtroppo manca il pubblico, e quello non te lo puoi inventare, quindi risulta difficile per un locale che voglia sopravvivere economicamente strutturare una programmazione musicale di qualità. Ogni tanto, ci sono comunque dei tentativi per i quali faccio sempre il tifo.

Un sogno nel cassetto?
Vorrei arrangiare i miei pezzi per banda di ottoni e fisarmonica e suonarli in piazza all’aperto nel periodo di Natale.

Tre canzoni chiave?
Like spinning plates dei Radiohead, The shrine dei Fleet Foxes, For 12 degli Other Lives.

Progetti per il futuro?
Mi sto organizzando per suonare dal vivo, ho conosciuto musicisti molto bravi che mi stanno aiutando e tra poco saremo pronti.


SPALLAROSSA

Giacomo Agnifili: chitarre, piano, tastiere, voci

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a cura di Eleonora Anzini

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