Scriveva Francesco Petrarca, scendendo dal Mont Ventoux, che tra l’altro è una delle tappe di grido del Tour de France e su cui era salito a gran fatica, ovviamente a piedi, che anche la discesa da ogni montagna non è scevra di pensieri e preoccupazioni. Perché non sempre ciò che viene dopo una dura salita, come un grande risultato raggiunto, presenta minori difficoltà dello sforzo fatto per arrivarci.
Non sappiamo se in vita sua Paolo Savoldelli abbia mai letto il Petrarca, ma probabilmente di questi ragionamenti non gliene sarebbe importato un fico secco. Perché Savoldelli detto il Falco, uno dei più interessanti ciclisti italiani di sempre, delle salite se ne curava il giusto. Al massimo cercava di resistere, come il letterato aretino, stringendo i denti. Tanto poi avrebbe recuperato in discesa, lanciandosi a rotta di collo lungo i tornanti più arditi.
Come un falco, appunto. Con in testa soltanto la preda. Che per Savoldelli era il guadagno di tempo su chi stava davanti o sui competitor di classifica. Paolo, nelle sue pazze discese, si riprendeva preziose quantità di secondi, se non di minuti, superando spesso i cento all’ora. Le immagini di quell’uomo in divisa rossa Saeco, piegato sulla bici e che sembrava scapicollarsi da un momento all’altro, avevano il potere di tenere gli spettatori aggrappati alla sedia o al divano.
Paolo Savoldelli, le sue imprese in discesa
Paolo Savoldelli, oggi imprenditore nel settore edilizio e commentatore televisivo, sui pedali non era davvero un pazzo spericolato, anzi. È stato un ciclista molto abile e intelligente, perché senza padroneggiare la bicicletta al massimo livello, con la sagacia necessaria per valutare curve, angoli e inclinazioni, con quelle scorribande avrebbe probabilmente rischiato di fare una brutta fine.
Nato nel 1973, aveva imparato a gestire i dislivelli, così come a darci dentro ogni volta che fosse sicuro e necessario, da ragazzino in sella a una BMX sulle montagne di casa sua, nel Bergamasco. In maglia Saeco, dicevamo: con quella squadra ha corso dal 1998 al 2001, compagno di Ivan Gotti e Mario Cipollini. E nel Giro del 1999 divenne ufficialmente il Falco, quando nella tappa da Bra a Borgo San Dalmazzo abbassò la testa, inarcò la schiena e si buttò giù dall’impervio Fauniera, tracciando traiettorie impeccabili e rimontando tre minuti ai fuggitivi.
E sei anni dopo è ancora una montagna piemontese a salutare un’altra grande impresa di Paolo Savoldelli, ora in maglia Discovery Channel: al Giro 2005, in picchiata dal Colle delle Finestre, guadagna terreno e tiene a bada Gilberto Simoni, di fatto assicurandosi la definitiva maglia rosa. La seconda, dopo quella del 2002, quando la squalifica per doping di Garzelli e Simoni gli spiana la strada per il successo finale. Paolo Savoldelli è stato un esempio di integrità nell’epoca degli scandali che hanno travolto il ciclismo.
Non ha mai vinto il Tour de France, invece. Neanche un buon piazzamento. Persino un virus gli fa saltare quello del 2003. Cadute e disavventure non sono mancate nel suo percorso, da cui si è sempre ripreso. Anche il Falco ha conosciuto le salite, vere e figurate. Lasciamo il Mont Ventoux ai pensierosi come il Petrarca: scalare una montagna sarà pure affascinante, ma per Paolo Savoldelli il bello verrà sempre con la discesa.